The Witcher 3 esce dal Microsoft Theater (così come da ogni altra premiazione o votazione) col titolo di “Miglior gioco dell’anno 2016” : mancava ormai solo l’ufficializzazione, non c’erano e non ci sono mai stati dubbi. Ma, aspettate un secondo…2016? Scusate, intendevo 2015. Miglior gioco dell’anno 2015. In ogni caso, pensarlo non sarebbe di certo utopia: esatto, perchè The Witcher 3 è avanti ANNI LUCE alla concorrenza attuale. Non volendo parlare solo in termini “emotivi” e narrativi, i parametri tecnici (a partire dalla grafica senza rivali fornita dal REDengine 3, alla grandezza, complessità e interattività del mondo giocabile, alla fisica reale e quasi impeccabile) sono senza precedenti e imparagonabili a qualsiasi gioco mai uscito e, probabilmente, a molti dei giochi che usciranno. Basterebbe fare un veloce paragone con il vincitore del titolo l’anno scorso, Dragon Age: Inquisition che, nonostante rimanga un GDR ben fatto e di gran valore, non reggerebbe assolutamente il confronto. E’ incredibile come, in meno di un anno, siano stati raggiunti livelli del genere.

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Mi piace, comunque, considerarlo non solo il coronamento del singolo titolo in sé, ma anche e soprattutto dello splendido cammino che la CD Projekt RED ha iniziato nell’ormai lontano 2007. Senza utilizzare vie preferenziali, raccomandazioni o pubblicità esagerate, senza dover proporre contenuti “mainstream” e scadenti per diventare schiavi del dio denaro, hanno dato vita ad uno dei progetti video ludici più completi degli ultimi anni. La fama e i soldi son arrivati di conseguenza e non per scelta.

Con la vittoria di The Witcher quest’anno e con quella di Dragon Age l’anno scorso, non si può che fare una considerazione intuitiva ma altrettanto doverosa: i GDR stanno prendendo sempre più piede tra i videogiocatori, e questo forse è il traguardo più grande che si dovrebbe festeggiare. Di fronte all’era dei giochi usa (preferibilmente il più facilmente e velocemente possibile) e getta, di fronte alla ricerca di concepts sempre più banali rivolti soltanto al possibile successo commerciale e, soprattutto, di fronte alla mancanza totale di poesia e di emozione , non si può che gioire del grande successo e dei grandi riconoscimenti arrivati a questo genere.

 

WitcherMa se fino ad ora ha parlato l’occhio oggettivo del “giornalista”, adesso voglio lasciare spazio ad una piccola riflessione personale da FIERO nerd ed, ovviamente, da grande fan dell’intera saga sin dagli inizi. La mia domanda è: in quanti lo avranno capito? Quanti saranno riusciti davvero a cogliere quell’infinita sequenza di intrecci narrativi, di citazioni, di emozioni che riempiono il gioco (e tutte le ambientazioni fantasy in generale)? Mi da semplicemente un po’ “fastidio” che l’amico truzzo o il gamer occasionale adesso, dopo averti ricordato di quanto siano forti a FIFA e COD, abbiano in bocca anche The Witcher. E’ come se in quel momento il nostro piccolo angolo di paradiso, il nostro “orgoglio” nerd venisse profanato. La sensazione è che sia una “perla ai porci”. Gli amanti del genere mi capiranno e avranno provato sicuramente la “tristezza” che cerco di spiegarvi. “Quello che piace a me vorrei piacesse a me soltanto”.E’ anche vero però, che non si può pretendere amore per la bellezza se prima non la si conosce. E se tutto questo successo servirà quindi a riportare in voga IL BELLO, sarò disposto a rinunciare alla mia “gelosia” per questi titoli. Se servirà a far avvicinare altre persone alla meraviglia di queste esperienze ben venga: il vero riconosce il vero e alla fine si vedrà chi veramente ne farà una passione.

GG WP, Geralt.