Lo so, lo so. Con un titolo del genere le pretese sono alte e si presta facilmente il fianco a critiche e a flame vari. Ho tentato, lo giuro, di trovare soluzioni diverse: non ci sono riuscito. I motivi sono stati essenzialmente due.
Il primo: non avevo né bisogno né interesse di cercare il titolo d’impatto. Se così fosse avrei potuto sicuramente trovare formule diverse. Avevo bisogno, invece, di dire la verità. Una famosa citazione di Pessoa recita: Cosa vuoi che ti dica oltre a dirti che ti amo, se ciò che ti voglio dire è che ti amo?. Cosa volete che vi dica se non “Ecco a voi il momento videoludico del 2017”, se quello che voglio mostrarvi è, secondo me, il momento videoludico del 2017?
Il secondo: ho pensato tanto a quel “secondo me”. Mi sono chiesto se la mia scelta potesse essere effettivamente così ambiziosa o se fosse totalmente inadeguata. Poi, in ordine cronologico: ho letto che tre milioni di persone sono riuscite a connettersi su PUBG contemporaneamente; ho aperto le tendenze su Youtube; ho visto PC Gamer eleggere AC:Origins come Open World del 2017. Mi sono fatto coraggio: tutti (ma proprio tutti) dicono (senza vergogna) la propria, posso provarci anche io.

Dopo queste premesse sul titolo dell’articolo, ve ne do un altro paio sul suo contenuto. Primo: l’intento non è quello di eleggere il miglior gioco dell’anno. No. L’intento è quello di mettere sotto i riflettori un ben preciso passaggio, una ben specifica sequenza di immagini che, personalmente, ha rappresentato l’apice di godimento, stupore, bellezza di questo anno videoludico. L’highlight degli highlights, chiamiamolo così. Scelto, ovviamente, solo tra i giochi usciti nel 2017. Questo perché di “scoperte” fantastiche ne ho fatte tantissime (The Vanishing of Ethan Carther una su tutte), ma sarebbe stato fuoriluogo inserirle in una classifica dell’anno corrente. Sarebbe stato troppo personale e poco attuale. Parliamo quindi del 2017 che “vale per tutti”.

Dopo questo preambolo, arriviamo al dunque. Di che gioco stiamo parlando? Di quale potevamo parlare se non di “Wolfenstein 2: The New Colossus”. Non parliamo, però, di “gioco giocato”. Parliamo, bensì, di una cinematic. LA, cinematic. Ero così euforico che, pur di salvarla, a gioco finito ho caricato il salvataggio più vicino, rigiocato fino alla cutscene e, per finire, mi sono cimentato per la prima volta nell’utilizzo dell’Overlay in gioco NVIDIA.
La scena, anche senza conoscere la trama di Wolfenstein, riesce ad esprimere e a far arrivare tutta la sua bellezza, la sua genialità. Per la prima volta credo di aver provato davvero il termine “sbalordito”. Sono stato completamente rapito dalla sequenza delle immagini. Il crescendo, squisitamente coordinato, tra dialoghi e musica è semplicemente ammaliante. La sceneggiatura non ha nulla da invidiare ad un film di valore. Stesso vale per le riprese. Il tutto condito da un’atmosfera psichedelica, surreale, che coniuga splendidamente la serietà della guerra all’ironia della vita, senza snaturarle. In realtà, nella sua follia, la scena ci fornisce un quadro verosimile della condizione dell’uomo: siamo tutto il contrario di tutto. Ridiamo delle disgrazie ma ne abbiamo paura. Ne abbiamo paura ma decidiamo di combatterle. Combattiamo per poi ritirarci, per poi rientrare in azione. Un minuto prima è no, un minuto dopo è sì. Tra una scelta e un’altra, siamo tutti il Blazkowicz e l’Horton di quella scena, in una perpetua oscillazione tra il folle e il ragionevole, tra il bene e il male, tra il bianco e il nero. E, spesso, decideremo per una tinta tendente al grigio.

Parlando del contenuto, politicamente viene detta una verità storica sacrosanta e incontrovertibile. Se i bolscevichi, o comunque tutte le forze antitetiche al nazifascismo, avessero combattutto dall’inizio, probabilmente non si sarebbe mai arrivato a tanto. Sembra un concetto immediato, vi do allora qualche cifra per capirne effettivamente il significato. Alla marcia su Roma parteciparono circa 20.000 fascisti. Un anno prima, nelle elezioni del ’21, solamente Partito Comunista e Partito Socialista presero, sommati, circa 2 milioni di voti. I Fasci italiani di combattimento, meno di 30.000. Quindi, ricapitolando, 20.000 bigattini, solo perchè armati di moschetto e manganello, riuscirono a mettere in ginocchio milioni di persone che non la pensavano come loro. Non pensandola come loro, ovviamente, non avrebbero potuto neanche agire come loro: da animali. E infatti non lo fecero. Non mi sento di fargliene una colpa. Ma noi, oltre agli insegnamenti della storia, possiamo rifarci a quello che è l’insegnamento più grande proprio di Wolfenstein: coi nazisti nessuna pietà. Per questo non potremo permetterci di sbagliare, non di nuovo.

Buona visione e buon anno!