Siamo esseri umani, ed ognuno di noi ha gusti diversi: è sacrosanto aspettare con ansia l’uscita di prodotti differenti ed appassionarci ognuno al genere che ci diverte di più. Al contempo, credo che esista un’idea oggettiva di bellezza e qualità e che sia impossibile non apprezzare un bel tramonto (finché non ne postano 100 uguali su facebook si intende), un film ben realizzato o una pizza appena sfornata. Super Mario Odyssey è il perfetto esempio della mia ipotesi: è difficilissimo giudicarlo negativamente se lo si gioca per più di dieci minuti, cosa affatto scontata visto che oggi si tende a valutare un titolo senza provarlo. Certo, potete non essere aficionados dei platform 3D e sarebbe anche comprensibile: il genere è rimasto in sordina per anni, prima di tornare alla ribalta in un glorioso 2017 che conta già diversi esponenti di qualità, per cui molti giocatori, soprattutto giovani, non ne vanno matti. E certo, potete disprezzare con tutti voi stessi l’allegra cricca di personaggi del mondo di funghi, sempre così contenti, colorati e saltellanti che nemmeno Bambi nei primi minuti del film. Nonostante ciò, non potete giudicare Super Mario Odyssey un brutto videogioco, perché sarebbe come disprezzare un adorabile gattino che gioca con un peluche. Ovvero un po’ preoccupante.

Non avete un cuore. Quindi ci ho messo la foto con un cuore. Che grande ironia, eh?

Non sto dicendo che Odyssey non abbia difetti: a differenza di alcuni recensori ci tengo a sottolineare come ci siano dettagli che mi abbiano infastidita. Tanto per cominciare il titolo è facile e dopo aver giocato recentemente A Hat in Time affrontare i banalissimi boss di Super Mario mi ha abbastanza annoiata. Senza dubbio non è altrettanto immediato recuperare tutte le lune o superare certe sfide, ma a mio parere il completismo non è vera difficoltà: dover esplorare ogni angolo e cercare tutti gli elementi non mette alla prova la mia abilità, ma la mia pazienza ed il mio tempo libero. Ci sono sequenze più complesse, soprattutto nel post game, ma nulla che prenda più di qualche tentativo. Fortunatamente i giocatori hanno mille risorse, e la possibilità di confrontare il proprio tempo online in alcune sfide ha dato il via alla ricerca delle strategie migliori per superare gli avversari. Alcune di queste tattiche però costringono ad usare il motion control, poiché agitare il controller consente di rotolare più in fretta, che per me è il male in terra. L’ho sempre detestato, e quando pensavo finalmente di essermene liberata in maniera definitiva, ecco che rispunta subdolamente nel nuovo Super Mario main.

Scommetto che si sta chiedendo se la finestra dell’aeronave sia a tenuta stagna.

A parte queste lamentele però, mi rimangono solo complimenti. La varietà dei mondi, ad esempio, è eccellente e a parte un paio meno ispirati all’inizio è uno showcase di level design e di caratterizzazione curata di ambienti e di personaggi. Mario è facile da controllare e presenta una miriade di mosse, inoltre sfruttando il cappello è possibile tentare nuove acrobazie e provare a farlo saltare per enormi distanze. In sostanza il mondo è il nostro parco giochi: possiamo trovare numerosi modi di raggiungere ogni punto, e cimentarci con scalate impossibili e carambole folli.  Tutta questa libertà è quasi disorientante, e mi è capitato più volte di pensare “E adesso dove diamine mi conviene andare?”. Vanno spese due parole anche per glorificare i costumi: qualsiasi gioco dove posso conciare in modo ridicolo il protagonista ha la mia approvazione, e Super Mario Odyssey in questo mi rende felice. Già di per sé i vari vestiti sono spassosi, ma mescolare cappelli e abiti ci permette di divertirci a giocare agli stilisti folli e sadici. Tanto Mario non si lamenta mai. Ma sono i piccoli segreti e dettagli che rendono il titolo davvero speciale: tutti i minigiochi, le sorprese inaspettate e le citazioni di altri titoli sono piccole gemme che decorano un gioiello già bello scintillante di suo.

Mario ha amici saltellanti e colorati, ma anche seri businessmen. Bisogna diversificare le proprie conoscenze.

La domanda che mi sorge spontanea è: come si fa ad odiare un gioco simile? Probabilmente la colpa, se così si può chiamare, è anche di chi lo ama. L’arrivo di un nuovo titolo main di una saga rilevante Nintendo è una grande festa per i fan e richiede una preparazione di mesi, nei quali si seguono religiosamente le novità, evitando magari di incappare in spoiler massivi, e ci si carica di hype come una lampada da 800 Watt. La mia homepage di Facebook è stata inondata da post su Odyssey, e sono certa che se in quei giorni avessero scoperto la ricetta per la vita eterna sarebbe stata riempita di post sul fatto che ora ognuno di noi potesse giocare al nuovo Mario per secoli e secoli. Un martellamento continuo, che dopo il 27 ottobre è stato sostituito dall’arrivo degli screenshot del gioco, più o meno spoilerosi, e dei video da 30 secondi delle proprie prodezze in game. L’entusiasmo era comprensibile, e del tutto congruo alla qualità del gioco, ma è stato esasperante persino per me che amo la saga, perciò non riesco ad immaginare la frustrazione di chi fosse tiepido all’idea di acquistare il titolo. Un appello ai nintendari: capisco il voler condividere la gioia, ma era proprio necessario postare la centoquarantesima foto di fila di un goomba con i baffi di Mario? Oserei dire di no.

+10 punti perché si parla di cibo. Ah non devo dare voto? Beh + 10 lo stesso.

Super Mario Odyssey è un acquisto obbligato per chi possiede Nintendo Switch. Mi pare anche inutile dirlo, perché sono convinta che gli unici possessori della console ancora senza gioco siano bloccati su un’isola deserta da più di una settimana, o qualcosa del genere. Se la giocherà probabilmente con The Legend of Zelda: Breath of The Wild per il GOTY, e sarà divertente vedere il risultato. Personalmente scommetto su Zelda, ma non oso dirlo davanti a Super Mario o sicuramente si offende. Ai non appassionati Nintendo che non hanno a casa Switch, consiglio di giocarlo da qualche amico: date una possibilità a questo titolo, è uno di quelli da apprezzare a prescindere dalla propria “fede consolistica”.